Ieri sera ero in preda ad un attacco di trigemino. L’ennesimo. Non stavo proprio bene e, anche se ormai dovrei essermi abituata a questo dolorino molto intenso, sinceramente volevo scappare dal mondo. Proprio come l’altra sera, quando poi ho scritto di Douglas. Una delle cose che mi hanno insegnato per affrontare al meglio questa nevralgia è cercare un rifugio dove non far entrare il mio dolore. E’ una specie di esercizio mentale e, dolore a parte, io lo adoro. Ci sono molti luoghi dove la mia mente mi porta e uno di questi è la spiaggia di Popenguine, in Senegal.
Siamo sulla Pétite Côte… la costa piccola. La zona costiera del Senegal, infatti, è divisa tra piccola e grande costa.
La grande è molto ventosa, impervia, le onde dell’Atlantico sono spesso molto forti. La piccola è più calma, rilassata, le onde si infrangono con meno potenza. Arrivai a Popenguine verso il 3 gennaio, o giù di lì. Mi faceva così strano essere lì in quel giorno e poter fare il bagno mentre a casa mia scendeva la neve. La spiaggia è molto libera, poco attrezzata. Quando ci andai io c’era un piccolo campeggio gestito da suore, dove c’erano solo francesi e una piccola locanda/ristorante. Mi fermai proprio lì.
Il proprietario era un francese, parigino, sulla quarantina. Era un ex agente di borsa e si era stufato del frastuono della modernità. Aveva preso su i suoi guadagni e detto ciao alla Francia. Aveva comprato un piccolo pezzo di spiaggia, costruito la sua locanda: due camere più la sua, 4 tavoli per mangiare, un ragazzo del posto che lo aiutava. Davanti alla locanda tre piccoli ombrelloni in legno. Restai lì tutto il giorno a chiacchierare del suo cambio di vita. Feci il bagno, mi rilassai, riuscii anche a scottarmi. Sentivo il vento sulla pelle e quei 25 gradi che erano per me davvero magnifici. C’era calma e riflessione attorno a me. Silenzio e natura. Tanta pace e tutta la bellezza di quella parte di Africa.
Ecco, per contrastare il mio trigemino io sono lì.
Raggiungetemi pure… non so se torno.
Lascia una risposta