
Oggi ce ne andiamo in Africa e più precisamente in Senegal. Il mio viaggio su quella terra è stato un po’ improvvisato da un lato e molto sentito e curato da un altro. Avevo tanta voglia di vedere Touba perché Check, la persona che mi ha accolta nella sua famiglia, mi aveva parlato molto di quella città che, per il Senegal, è una sorta di Mecca. In quei giorni eravamo quasi alla fine del Ramadan e, ve lo assicuro, è un periodo davvero pazzesco dove davvero si può toccare con mano la forza della devozione e della dignità religiosa più grande.
Mi ricordo il mio arrivo a Touba polveroso con il cuore molto incerto ma perfettamente aperto al tutto ciò che avrei trovato. Pantaloni sotto il ginocchio, spalle coperte e una sciarpina leggera pronta a coprirmi la testa: io ero l’ospite, io dovevo adeguarmi. Quel viaggio in Senegal mi ha insegnato pienamente il valore del turismo responsabile e la bellezza del rispetto di tradizioni e modi di vivere diversi da quelli a cui ero abituata. Scesi dall’autobus scalcagnato e chiesi al ragazzino sul tetto di buttarmi “le sac rouge“, che era il mio fidatissimo zaino (per tanti viaggi, poi mi ha lasciato, poverino… ma giace ancora sul fondo di uno scatolone perché mai lo butterò).
Lo zaino, dopo quel viaggio da Dakar, aveva ben poco di rosso ma conservava ancora il suo carattere. Trovai da dormire “da un amico, di un amico di Check“, in Senegal funziona così. Mi fidai perché per certe persone la serietà è davvero un principio di vita. Non ebbi di che lamentarmi e, anzi, mi stupii nuovamente nel vedere come gente che ha davvero pochissimo sia disposta a farsi in quattro pur di trattarti da regina. A me bastava un letto, o un materasso, un piccolo bagno, una doccia quando possibile (in Senegal non lo è sempre) e tante chiacchiere belle perché sono quelle che hanno riempito in toto la saccoccia del mio cuore.
Il mattino dopo il mio arrivo andai verso la grande Moschea di Touba, praticamente il “Vaticano” dell’Africa occidentale di culto islamico. Era proprio come me l’aspettavo: immensa e bianca. Era proprio come me l’aspettavo: una masnada di gente vestita di ogni colore. Le donne molto variopinte mentre gli uomini quasi sempre in bianco. Chi andava verso la Moschea, chi usciva e camminava in direzione contraria. Come sottofono, una spledida melodia di muezzin. Chiusi gli occhi un attimo. Il sole era caldo, la preghiera era profonda. Io capivo solo quando veniva nominato Allah.
Tenevo gli occhi chiusi poi allargai le braccia, decisa a lasciarmi andare in balia di quella gente, di quella polvere, di quel canto. Ho ancora quel momento bellissimo impresso nel mio cuore. Quel giorno capii di non aver solo incontrato una terra nuova da conoscere, avevo incontrato un mondo nuovo che sarei riuscita a portare con me.
Certo che ne hai fatta di strada Giovy! Mi lasci davvero a bocca aperta leggendo dei tuoi meravigliosi viaggi…
Un saluto e buon fine settimana
Susanna
Grazie Susanna!
Spero di deliziarti ancora con tanti, tantissimi viaggi!
Una sola domanda: come sei messa col mal d'Africa?
Perche' io non ci credevo ma poi… 😉
Buon we!!