
Se ripenso a Oaxaca è nella mia mente si formano tante piccole tesserine da incastrare. Come se fosse un immenso puzzle. Oaxaca … non so nemmeno io perché divenne parte del mio itinerario in Messico. Successe che si doveva trovare una tappa intermedia tra Città del Messico e il Chiapas. Oaxaca sembrava interessante e poi lessi che lì c’è la più alta percentuale di avvistamenti UFO di tutto il Messico. Leggi una cosa così e vuoi non andare a vedere?
Il viaggio che mi portò lì fu lungo ma immensamente più piccolo di tutti gli altri spostamenti messicani. Stavamo per arrivare quando il pullman venne bloccato per strata. Era tutto allagato. Guardavamo tutti dalle finestre del pullman, c’era così tanta acqua nella strada che sembrava di stare in mezzo al fiume. “A pensarci bene, l’alluvione ci mancava come esperienza“, mi disse la mia amica. Io sorrisi nell’incoscienza dei miei 26 anni.
Probabilmente ora non so se riderei così tanto. Non so come, ma l’autista riuscì a portarci dritti, sani e salvi alla stazione delle corriere di Oaxaca. Forse sotto quella divisa da guidatore di autobus c’era un super eroe. Una volta scese ci avviammo a cercare il nostro ostello sotto una pioggia battente. Ecco una seconda tessera di quel mosaico: la pioggia battente, l’odore della strada calda bagnata dall’acqua che si propagava ovunque. Un altro pezzettino è rappresentato dal colore dell’ostello. In mezzo a tutta quella pioggia, il colore giallo ocra di quelle mura e quello delle amache colorate si è conficcato nella mia testa portando nel cassetto della mia memoria mille sorrisi.
Il giorno dopo il sole era tornato a splendere e il mosaico prosegue con una tesserina che riporta il nome di una via: J.P. Garcia. Non so chi fosse quel “J.P.”, ho studiato Storia dell’America Latina all’università e forse dovrei informarmi ma per noi, per me e la mia migliore amica, quella via era “Juan Paddy Garcia“. Ci era venuto in mente canticchiando una canzone dei Modena City Ramblers, così fu battezzata e così resterà sempre. Oaxaca ha costruito nella mia mente anche una tesserina musicale: è il suono di un’orchestra mariachi che, dopo il tramonto, occupava il gazebo della piazza principale, vicino alla cattedrale e suonava per chiunque passasse.
La prima sera che passammo in città restammo a guardare le coppie, giovani, vecchie, improvvisate o di lunga data ballare assieme. Era bellissimo. Di Oaxaca porto ancora dentro il senso della ribellione, della rivoluzione, della rivalsa. Molti striscioni di protesta erano appesi in giro per la città, quasi volessero essere legittimati da tutti gli sguardi che vi passavano davanti. Di Oaxaca mi porto dentro il gusto forte del mezcal, per me mille volte meglio della tequila, magari sorseggiato con calma gustando qualche fetta di frutta con il peperoncino piccante.
Di Oaxaca mi porto nel cuore gli occhi di una dolce sarta maya che, con pazienza, ha cucito una gonna che porto ancora con tanto tantissimo orgoglio. Di Oaxaca ricordo l’aqua de Jamaica che riusciva a dissetarmi, il formaggio a palline comprato al mercato e il gusto del cacao impastato con lo zucchero. Ricordo ancora i marciapieidi altissimi in alcuni punti ed inesistenti in altri. Mi porto ancora dentro il momento in cui, in piena notte, io giravo ancora per delle strade vuote come quelle della foto qui sopra. Ricordo il rumore della pioggia che stava ricominciando a scendere. E il giorno dopo sarei partita per San Cristobal.
Il Messico è davvero un mosaico nel mio cuore!
Viaggiatrice indomita… che bei racconti!
Buon fine settimana
Susanna
"una dolce sarta maya" O era un po' lontana da casa o in realtà era una sarta zapoteca.
Sicuramente era distante. Lei era di San Cristobal ma viveva da anni a Oaxaca.
Pensavo anch'io fosse zapoteca… e invece… 🙂