
Arrivammo a Belfast col pullman della Bus Eirànn direttamente da Dublino. Era l’ultimo giorno di quella vacanza. Il pullman del ritorno ci avrebbe lasciato in aeroporto dove avremmo dormito stretti ai nostri zaini. Il nostro volo, infatti, partiva prestissimo e quello era l’unico modo per non perderlo. Controllando gli orari degli autobus ci accorgemmo che la rotta Dublin-Belfast-Dublin faceva tappa proprio in aeroporto e quindi decidemmo di andare a vedere quella città tanto letta e tanto vista nei film. Durante tutto il nostro peregrinare irlandese cercavamo di restare informati su quanto accadesse là.Le bombe infondo fanno paura anche nella spavalderia dei 20 anni, anche quando non dici a tua madre che saresti andata a Belfast… perché Belfast uguale Ira, Ira uguale Loyalisti. E tutto questo uguale bombe. All’inizio del viaggio acquistai un libro in giro per Dublino. Volevo capirne di più di quella storia così contemporanea da non essere studiata. E mi fu utile. Poi, strada facendo, continuai a leggere i quotidiani del luogo e, sarà perché l’Irlanda è un’isola e perché i giornali non sanno nuotare, ma scoprii tante di quelle cose che noi umani non potevamo neanche immaginare. La spavalderia dei miei vent’anni poteva andare a braccetto con quella lieve ignoranza tipica di certe età e quindi solo in Irlanda scoprii che a Belfast non c’era solo Falls Road … ma c’erano anche Shankill Road e Sandy Row. E non potevo scegliere giorno migliore per capirle in pieno.
Arrivammo di primo mattino, la strada da Dublino non è molta anche se, politicamente, sembra di fare miliardi di miglia. Victoria Station, Belfast … in cerca del deposito bagagli. “Ah, guarda… c’è l’ufficio informazioni”, andò Michele. Io cercai di andare a cambiare i soldi perché lì nessuno voleva le sterline irlandesi (nel loro ultimo anno di vita) e dovevo cercare i soldi della Regina. Soldi cambiati, ok … Michele stava venendo verso di me con una faccia strana. “Ha detto che il deposito bagagli sarebbe dovuto essere là” “Come sarebbe dovuto???” dico io quasi già in ansia. “L’hanno fatto saltare in aria la settimana scorsa”. In quel momento mi girai verso la direzione indicata da Michele e vivi un po’ di calcinacci e un buco nel muro. “Cominciamo bene, sarà una lunga giornata..”,
ripetei dentro la mia mente.
La tipa dell’ufficio informazioni ci disse che potevamo dirigerci verso un ostello lì vicino, dove potevamo lasciare gli zaini. Uscii dalla stazione per prima. Davanti a me c’era un semaforo. Era rosso per i pedoni e mi fermai. Davanti a me transitò un blindato, lo guardai passare e i miei occhi notarono dei militari poco più giù. In quel momento alzai gli occhi, forse per trovare conforto o cos’altro non lo so, ma vidi uno dei tre elicotteri che quel giorno se ne stavano sopra la città.In quel momento capii che tutta quella lotta di cui avevo letto o di cui avevo sentito parlare o cantare … beh… non era uno scherzo ed io vi ero in mezzo quel giorno. Arrivati in ostello e lasciati gli zaini camminammo tantissimo fino al centro e poi da lì raggiungemmo la zona di Falls Road. Ci sono delle cose che non riuscirò mai a dimenticare di quella passeggiata.
Il murales di entrata della zona dei Falls dove c’era una colomba bianca enorme e la scritta Saoirse, libertà in gaelico (ed anche nome dell’organo di informazione dello Sinn Fein). Non dimenticherò le scuole avvolte nel filo spinato, con le entrate divise tra ragazzi e ragazze. Non dimenticherò la scritta IRA, con i tre colori della bandiera irlandese, attaccata su tutti i lampioni di Falls Road. Non dimenticherò la tomba di Boddy Sands, nel cimitero dei Falls, e tutto quello spazio lasciato libero per seppellire nuovi martiri. Usciti da lì, mangiammo qualcosa e poi prendemmo un black taxi per tornare verso il centro. La strada era lunga. In centro la mia tensione si era ormai sciolga. Era sabato se non ricordo male e la gente girava come in un qualsiasi sabato tranquillo: negozi, una birra, un caffè.
Ad un certo punto sentimmo marciare: erano i loyalisti di Sandy Row in manifestazione. Marciavano con l’effige della regina in testa, con tutti i paramenti degli orangisti in bella vista. Io non credevo ai miei occhi e incrociavo le dita affinché non succedesse niente. Ci fu una specie di sassaiola, noi scappammo dentro ad un caffè, tirarono giù le saracinesche per un po’. Tutto poi torno tranquillo come se non fosse successo niente. E questo mi sorprese … come se la città fosse sempre in tenuta antisommossa e si aspettasse ogni cosa da un momento all’altro.
Sandy Row non è distante dal centro ed era di strada per tornare in stazione. Ormai era ora che andassimo … non saremmo riusciti ad andare a Shankill e probabilmente fu meglio così perché in quei giorni lo sport preferito degli abitanti di Shankill Road era accoltellarsi l’un l’altro. Non so quale incoscienza, invece, ci dirigemmo verso Sandy Row. In quella strada scoprii l’altra faccia della lotta armata in Ulster, quella loyalista e britannica. I marciapiedi erano dipinti con i colori della Union Jack e sui muri era pieno di murales con i nomi dei “martiri del loyalismo” e con frasi che incitavano il proseguire della lotta. Improvvisamente mi sentii dentro un’epoca che non avevo mai vissuto e mi chiedevo davvero come potesse esserci in seno all’Europa contemporanea una cosa del genere, di cui nessuno parlava malgrado i morti fatti giorno dopo giorno. Mi chiedevo come fosse possibile che ci fosse ancora un muro (o mura) di cui nessuno parla.
Eppure sono là … massicci di cemento e impenetrabili con tanto di filo spinato. Mi domandavo tutto questo mentre il mio respiro aumentava perché non mi sentivo sicura e ricominciai a respirare normalmente, quel giorno, solo quando l’autobus mi fece sentire fuori da Belfast da molte miglia. Eppure c’è una cosa che mi preme dire: non si è stati in Irlanda e non si è capita l’Irlanda se non si è messo piede almeno una volta a Belfast. Belfast ci fa aprire gli occhi su quanto la gente debba ancora imparare a dialogare e quando possa essere possibile dividere ulteriormente un territorio già massacrato e diviso. Belfast serve a ricordarci che la gaiezza e gioia di Dublino, di Temple Bar e di Grafton Street e tutta quella musica felice tipica della tradizione irlandese forse hanno un passato triste e un presente ancora incerto, da costruire giorno dopo giorno. Se l’Eire è il verde, l’Ulster è il nero. Ma è parte della stessa isola e dello stesso cielo.Sono passati tanti anni e forse Sandy Row, Shankill Road e Falls Road hanno fatto la pace bevendo una buonissima stout e brindando ad un futuro comune.
Io so solo che quando sento Ireland Call durante il Sei Nazioni o, come sabato… prima di una partita del mondiale di Rugby, penso a quel “four proud provinces of Ireland” e mi piace pensarle come parti dello stesso insieme. E allora mi dico che ho fatto bene, malgrado la paura, ad andare a Belfast.
Mi hai fatto tornare in mente un bellissimo libro: "Eureka Street" di Robert McLiam Wilson, ambientato proprio a Belfast.
Metto in lista per i prossimi acquisti! 🙂
Quest’anno vorrei davvero andare in Irlanda del Nord, purtroppo da dove vivo (Budapest) i collegamenti sono cari e complicati, ma ce la vorrei davvero fare! Soprattutto dopo aver letto Eureka Street 🙂
Da Budapest trovi sicuramente dei voli per Dublino. Belfast è a un paio d’ore di bus, nel caso non trovassi voli diretti.