Può succedere di partire per New York perché la tua migliore amica vive là e decide di sposarsi. Grazie al vulcano islandese tutto si complica ma, alla fine, si riesce a mettere piede nella Grande Mela per vivere qualche giorno a zonzo nella città che non dorme mai. Ecco com’è andato quel viaggio a New York.
Era febbraio del 2010 quando via Skype la mia migliore amica mi disse che si sarebbe sposata dopo la metà di Aprile… ovvero di lì a due mesi.”Cavolo“, risposi ad alta voce mentre ci guardavamo con la web-cam “tocca prenotare il volo!” Il volo in questione era necessario dato che la mia migliore amica in quel momento risiedeva a New York e il tutto si sarebbe svolto oltre oceano. Ero già stata nella Grande Mela altre volte: la prima volta a 15 anni, con amici più grandi di me e fu uno spettacolo. Tutta quella grandezza mi faceva sentire più piccola di quello che ero.
Un’altra (e molte altre ancora) fu per lavoro e me la gustai in modo diverso, approfittando del tempo libero lasciatomi per camminare per kilometri in su e giù per Manhattan. Tempo di chiedere le ferie e un volo diretto (non troppo costoso) Malpensa-JFK made in Delta Airlines fu mio. L’entusiasmo per il matrimonio di Francesca e per la partenza si mescolava con l’amarezza di lasciare Gian a casa, colpa della maledetta di tempi lavorativi non felici che non ci permettevano di viaggiare entrambi. Nei giorni a seguire mi consultai con altri amici e alla fine affittammo un appartamento al numero 710 di Amsterdam Avenue, nell’Upper West Side.
Dopo aver girato tutto il giorno, aggiungendo anche un bel po’ di shopping tra la Sesta e la Settima Strada e un’imperdibile passeggiata tra il Madison Square Garden e Hell’s Kitchen, raggiungemmo Harlem con i suoi meravigliosi brownstones. Harlem è imperdibile e, manco a dirlo, è il nuovo nero. Quella sera cenammo a casa di Francesca cantando a squarciagola tutto il repertorio della Carrà, facendo a gara con i dirimpettai hispanici che cercavano di averla vinta a suon di reggaeton. Inutile dirvi che la Carrà ebbe la meglio… segnammo il punto decisivo con pazza, pazza, pazza sulla terrazza. Quella sera “esperienziai” la metropolitana alle tre di notte. Tutto tranquillo. Andai a dormire viva e vegeta.
Giorno tre: tutti a Downtown … dopo ovviamente la classica colazione nel West Side. Se dovessi trovare un sottotitolo a ciò che vedemmo quel giorno direi che fu un Tour un po’ Law & Order perchè andammo a cercare anche il tribunale di New York, visto e rivisto in mille telefilm. Ovviamente non ci perdemmo Wall Street ed io scattai migliaia di foto a quella zona così financial style da sprizzare odore di dollari ovunque. Siate consci del fatto che lì il caffé (ma anche un panino) costa il doppio. Nel pomeriggio ci incontrammo con Ani a Battery Park e prendemmo il traghetto per Staten Island. Altra cosa da non perdere… soprattutto perché è gratis, è disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7… e col minimo sforzo avrete la massima resa a riguardo della vista su Manhattan, sui famosissimi ponti e sulla Big Lady, ovvero la Statua della Libertà.
Arrivati a Staten Island vi basterà fare il giro del terminal e riprendere il traghetto per tornare a Battery Park. Era ormai buio quando prendemmo un taxi giallissimo per raggiungere Fulton Street e il Pier 17. Non volevamo perderci le luci sul ponte di Brooklin ed io ne approfittai per far entrare un po’ di malinconia nel mio cuore. Cenammo in una steak house proprio sul Pier. Ci salutammo verso mezzanotte proprio all’inizio di Fulton Street dove con un gesto tipicamente newyorkese fermai un altro taxi giallo per tornare nel West Side. Io e Francesca ci abbracciammo forte e pienamente commosse. Chissà quando ci saremmo riviste.
Il Taxi percorse una parte del Meat District ma prima passò di fianco a Ground Zero. Nel mio primo viaggio a NY salii sulle Torri Gemelle, ho ancora la foto. La seconda volta, invece, andai ad osservare lo sconcerto della pazzia umana. Quella terza volta fui rapita dalle luci del cantiere ma di nuovo affermai dentro di me “che buco…” e mi venne la pelle d’oca. Andai a nanna sentendomi New York nel cuore, augurando sempre il buongiorno al mio Gian Italico.
Giorno quattro: Sveglia di buon ora e colazione nel West Side. Tornai a Time Square dove trovai un negozio con del merchandising di Star Trek e Star Wars da recuperare per Gian. Andai anche in cerca di qualcosa della NHL e fui felice dei miei acquisti. Pranzo Veloce e un caffé Tornai nel West Side e rimpacchettai il mio zaino che stava per esplodere dati gli acquisti fatti. Nota personale per prossimi viaggi negli States: prevedere bagagli espandibili. Doccia fatta… ero pronta… come ci andiamo in aeroporto? Ennesimo gesto newyorkese, salimmo su due taxi (eravamo 5 persone). I taxi newyorkesi ufficiali hanno una tariffa fissa per portarvi in qualsiasi aeroporto della città. Dal centro al JFK vi costerà al massimo 50$ e questo mi sembra buono.
E' uno di quei viaggi che mi tengo in caldo per il momento giusto. Non sono mai stato in America e voglio andarci quando sarà il momento di staccare la spina e non pensare a nient'altro che a festeggiare. Se prima la voglia era già grande, il tuo post c'ha messo del suo. 🙂
Mi fa piacere… varrebbe sempre la pena (e la fortuna) di avere un gruzzoletto che spuntasse magicamente nel conto in banca per poter partire ogni volta che si vuole… Mi ci vedrei bene a passare qualche giorno ancora nella grande mela… magari con l'occasione di una bella partita dell'NHL.
New York…è sempre stato il mio sogno e non ci sono mai stata! Giovy che bello poter viaggiare così tanto come fai tu…io ho sempre pensato che i viaggi ti cambino le prospettive, ti facciano vedere le cose in modo diverso…e non l'ho mai fatto abbastanza!
Un abbraccio, cara!
ma… e il guggenheim?
@Miss:grazie cara!
@plus: con 4 giorni avevo tempo per un museo solo… e mi ero dedicata al Guggenheim la volta prima di questa :-))