Un viaggio in Messico riserva sempre grandi avventure. Io e la mia migliore amica eravamo arrivate a Città del Messico il giorno prima. Un viaggione che non vi dico, al quale si aggiungevano giorni su giorni di feste estive dalle quali non mi ero di certo tirata indietro. Ah, beata gioventù. Ne è valsa troppo la pena, lo devo ammettere.
Un viaggione enorme al quale dovete aggiungere la possibilità di qualche svarione al vostro arrivo per due esatti motivi: il primo è qualcosa che la gente spesso non considera ma Città del Messico (e tanto Messico) è a più di 2000 metri di altitudine.
A questa (e qui c’è il secondo motivo) dovete aggiungere milioni e milioni di abitanti. Le stime ufficiali dicono attorno ai 10 milioni. Voi contatene almeno il doppio perché, come succede in molte città del Centro e Sud America, metà della popolazione non è censita regolarmente. Sicché potete fare due più due e capire quanto inquinata possa essere l’aria di una città così alta con così tanti abitanti. A tutto ciò aggiungete il fatto che il nostro areo arrivò nel pomeriggio. Malgrado una discreta preparazione sull’argomento, mi spaventai quando, andando dall’aeroporto alla metropolitana avevo il fiatone e arrancavo con un zaino di soli 12 kg. Le mie spalle avevano portato di peggio… ma non con tutto quell’inquinamento!
Tale sensazione diventò più carina e trastullante quando, verso sera, andammo a mangiare e io sentivo i miei piedi molli e la testa che andava per conto suo. Ero ubriaca senza aver bevuto. E lo ero ancora di più dopo una birra. Che vergogna! Baldanzose nei nostri 26 anni decidemmo di restare a Città del Messico anche il giorno due del nostro viaggio. Infondo ci voleva ma non potevamo restar lì a pettinare le bambole e quindi decidemmo di prender su noi stesse e andarcene a vedere le meraviglie Azteche di Teotihuacan. Raggiungemmo Mexico Tapo con la metropolitana, sfatando un bel mito che diceva che la metropolitana di Città del Messico sia pericolosa. Badate bene, state attenti come stareste attenti in qualsiasi metropolitana di una grande città ma, detto tra noi, stavo più tranquilla a Città del Messico che in metropolitana a Milano.
Per raggiungere il luogo tanto caro agli Aztechi vi basterà prendere un autobus degno di questo nome(di solito ce n’è uno all’ora sicché non vi preoccupate de non lo perdete), da Mexico Tapo. Dopo circa un’oretta di viaggio, l’altitudine sarà di circa 2700 m e davanti a voi vedrete un sentiero che si addetra tra cespugli di Agave e alberi di Avocado… o per meglio dire Aguacate, come si chiama lì. Ha fatto un certo senso, a me che adoro il guacamole, vedere tanti esemplari di mango spiaciccati a terra come dei cachi fuori stagione. Del resto… paese che vai, frutta che trovi e anche da noi se ne lascia sugli alberi molta. Camminavamo e faceva un caldo che non ve lo auguro. Camminavamo e arrancavamo ed ecco di nuovo il fiatone farci compagnia mentra approffittavamo dell’unico bagno del comprensorio. Dopodiché pagammo il biglietto ed entrammo, innanzitutto, in un piccolo museo riportante statuette e utensili tipici degli Aztechi.
Tutto era molto ben spiegato, pur evitando l’effetto Super Quark. Finito il museo fu il momento di gustarci in tutto e per tutto la Piramide del sole, quella della Luna, la Calzada de los muertos e tutti gli edifici lì attorno.
Un luogo di tale grandezza e di tale bellezza (malgrado in rovina) che mi venne in mente una domanda: chissà com’era quando gli spagnoli lo trovarono. Baldanzosissime e cariche dell’energia dell’ambiente in cui eravamo, decidemmo di salire sulla piramide del Sole, come molti stavano facendo il quel momento. Messico, Piramide Azteca, Esterno giorno. Sole a picco, altitudine e due giovani donne in canottiera, pantaloncini e nessuna protezione né solare né per le loro testoline. Eccole avvicinarsi felici, non curanti del fatto che il battito cardiaco fosse già accelerato (non sembra ma il sentiero che vi porta all’ingresso è tutto in salita), eccole ora alle prese con i primi scalini. “Cavolicchio… ma sti aztechi erano mica bassini? Che gradini han fatto?“, fece la Giovy “Gradini sto par di balle… ho il 37 e non mi ci sta il piede?“, rispose la Fra.
Ma loro no… decise e convinte eccole salire, appoggiandosi al grandino davanti a loro. Il bello delle piramidi Azteche (ma anche Maya e Zapoteche) sono le tre parti e quindi i tre stop obbligatori tra una scalinata e l’altra. Fatta la prima… fiatone… tutto bene… non girarti che ti vengono le vertinigi. Le vertigini colsero le nostre due eroine nell’affrontare la seconda scalinata, praticamente verticale e sempre più stretta. Secondo stop… ulteriore fiatone e l’arrivo dello stato di falsa ebbrezza. Ma loro no… sempre più decise e baldanzose si aggrapparono alle corde (perché le terze parti delle piramidi sono così brutte da salire che sembra di essere in ferrata) e su… fino all’ultimo gradino.
Finì che restammo stese 5 minuti almeno per darci tregua. La testa girava, il cuore ballava ma respirando a fondo, con la schiena appoggiata alla sommità della piramide, l’energia di quel luogo ci infondeva nuova forza e nuova voglia di metterci sedute per osservare il mondo da dove eravamo approdate. Mi ricordo che passai da stesa a seduta tenendo gli occhi chiusi. Poi li aprii piano. Vedevo la gente… giù … pronta a salire… vedevo chi si aggirava per il sito, tra una pietra e l’altra. Vedevo perfettamente la Via Sacra… la gente camminava …. ma io non sentivo un rumore. Forse era la magia di quel posto… forse davvero racchiude in sé un’energia tutta sua e specialissima.
Quello che so per certo è che quel luogo mi stregò davvero… oltre a darmi un certo stordimento fisico del tutto piacevole.
Quando fu il momento di scendere ci mettemmo a ridere… per non piangere. Diciamo solo che la pendenza delle scale si nota di più scendendo che salendo. E vi ho detto tutto. Ve lo ricordate uno spot di una bibita che si vedeva tanti anni fa? Ecco … io avevo paura di rotolare giù proprio come quella lattina. Già mi vedevo. Invece sono ancora tutta intera, come lo ero quel giorno. Finimmo di visitare quel luogo con una certa sacralità regalataci proprio dalla scalata alla Piramide.
Con la stessa sacralità, usciti da lì’ (si esce da un lato diverso da dove si entra), fummo conquistate da un signore che voleva portarci al suo ristorante proprio lì davanti. Il posto si chiamava Comida Casera ed era praticamente un tendone da sagra con 4 tavoli e cibo preparato la momento. Praticamente il miglior pranzo (e non scherzo) di tutto quel viaggio in Messico. Encilladas verdi (le più piccanti) e pollo. Nachos preparati al momento e il miglior guacamole di tutta la mia vita. Il tutto innaffiato dalla mitica birra Bohemia.
Ripartimmo per Città del Messico col pancino pieno e con l’anima ricolma di bellezze azteche.
Non sazie di interrogativi al confine tra mito e religione, sulla via del ritorno decidemmo di andare a vedere che cosa mai viene costudito dentro la chiesa di Guadalupe. E lì ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare…
Ha, ha…che avventura! Io soffro l'altitudine, penso che sbatterei per terra ai piedi della piramide…che poi non sapevo questo fatto dei gradini, davvero curioso!
Il Messico e l'America del Sud in generale non mi attirano per niente, però quando i viaggi li racconti tu è tutta un'altra storia, vien voglia di partire subito….però devo trovare qualcuno che mi porti lo zaino, sono pigrerrima io! Bacio!
È proprio vero: come raccomti tu viene voglia immediatamene di partire! E questo È un bene per me che sta bene solo con i piedi ben piantati a terra!! 🙂
Anche io son rimasto sorpreso dal fatto dei gradini 🙂
Un abbraccione mitica e… Buona giornata!!!!!
Carissimi… si vede proprio che i Maia avevano i piedini piccolini!! :-))
Andateci in Sud America… che merita!