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Picture from Wikimedia Commosn |
Llandudno (ennesima scommessa su come si pronuncia) fu l’ultima tappa della nostro primo vero viaggio itinerante in Galles. Avevo letto molto su quella piccola cittadina di mare, vero emblema balneare ai tempi della Regina Vittoria, e me la immaginavo proprio come la vidi. Vi arrivammo da Caernarfon (che aveva rapito parte del mio cuore) con l’autobus nr.5: diretto direttissimo, passando per Bangor.
Quel mattino il tempo non era il massimo della bellezza ma confidavo nella consueta stoica capacità del sole di riuscire a mostrarsi. Il capolinea dell’autobus sembrava tutto tranne che un capolinea ma per fortuna riuscii ad orientarmi subito, guidando dietro me il mio compagno verso la nostra “casa” per quell’ultima notte gallese.
Il B&B era fantastico. Si chiamava Anglesey House. Raccomandabilissimo sia per posizione che per qualità. Ci concedemmo una giornata senza meta, in cerca di piccoli ricordini da portare a casa e andammo a caccia di qualche bellissima foto che potesse sugellare una vacanza che, fino a quel momento, si era rivelata mille volte più splendida di ciò che avrei mai potuto pensare.
Llandudno trasuda epoca vittoriana e non è così difficile che la vostra mente si metta ad immaginare signore anziane vestite di tutto punto passeggiare per il lungo mare. Se vi sembrerà di vedere una simil-Miss-Marple seduta di fianco a voi, non siete pazzi. Non state immaginando niente … sta succedendo e tutto sembra inaspettatamente fuori dal tempo. Ci recammo quasi subito sul lungo mare. Sia io che il mio compagno subiamo il fascino dei vecchi moli vittoriani in legno e quello di Llandudno merita davvero.
Il cielo nel frattempo era rimasto grigio e qualche goccia di pioggia sembrava dirci “esisto sai? ci sono anch’io!“. Mi sentivo malinconica in quel momento e risento quella sensazione addosso a me anche ora che sto scrivendo. Il viaggio finiva, il cielo del Galles svaniva (citazione rivisitata) ed io cercavo di far di tutto affinché nella mia memoria si imprimessero più cose possibili: l’odore della bassa marea, le voci dei bimbi che malgrado il freddo riuscivano a mettere i piedi in acqua. Mi sarei trascritta addosso il passeggiare delle vecchie signore e il loro chiedersi quale potesse essere il tea migliore da prendere alle cinque. Cosa avrei dato per portarmi dentro il sapore e il profumo del fish & chips che già sapevo mi sarebbe mancanto tanto.
Improvvisamente dal cielo si riversarono a terra litri d’acqua… corremmo via… verso la sala giochi che si trovava all’ingresso del molo. “Lo vuoi un caffé?“, dissi a Gianluca. E caffé fu … bollente come proprio e solo in quel momento ci voleva. Copioso da non riscire a finirlo, con quel gusto tutto inglese che fa dire ai noi Italiani “beh, infondo ci provano ma non è caffé”. Eppuro l’ho amato quel caffé … io che di solito ne bevo sempre così poco. Ero nostalgica quel giorno. Gianluca si allontanò per delle foto. Io rimasi ad ascoltare la pioggia cadere, guardando una porzione The Parade alla mia sinistra e un pezzetino di Great Orme alla mia destra. Il mare dietro di me. La mia felpa era fradicia ormai. In tutta quella poesia ritornammo verso il nostro B&B dicendo solo poche parole tipo “siamo stati bene qui, vero?”. Sembrava che tutto avesse un non-so-che di poetico, come se quella giornata avesse degnamente incorniciato una vacanza che purtroppo doveva finire di lì a poco.
Già … mi sentivo come se avessi finito il gelato più buono del mondo e continuassi a gustare dentro di me quel ricordo di zucchero rimastomi tra le labbra. D’improvviso, probabilmente dopo uno dei pochi dialoghi scambiati in quel momento, mentre camminavamo lenti in Church Walks, sentimmo una voce maledettamente squillante dietro di noi: “ITALIANIIIIIIIIIIIII“. Mi girai con totale disprezzo verso quella connazionale che grazia al suo vociare aveva interrotto il sogno di quell’addio. Quello strillare mi aveva ricordato nel tempo di un secondo e mezzo a che cosa avrei ritrovato al mio ritorno.
Seconda regola del Galles: sii preparato perché ti scorderai da dove vieni.
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