Durante un bellissimo viaggio on the road nel sud della Francia, dalla Camargue fino ad arrivare ai Paesi Baschi (prima francesi e poi spagnoli), ho voluto fare una deviazione verso Rennes le Chateau, località che ha sempre goduto di una certa fama ma che, dopo la pubblicazione del Codice da Vinci di Dan Brown, ha visto una crescita di viaggi e visite per via di tutto ciò che è legato all’ipotetico Vangelo di Maria Maddalena e all’attività del priorato di Sion. Rennes le Chateau è un luogo molto bello e – leggende e storia a parte – merita una visita. Ripensando alla mia e a quel giorno d’estate, una lettera a Giacobbo – conduttore di Voyager – è uscita spontanea dalle mie mani.
Caro Dottor Giacobbo,
Bella eh?! Davvero un tesoro prezioso ma troppo casino, troppi turisti americani che, di fronte alla città fortificata, si chiedevano (e non scherzo, li ho sentiti io mentre ero in fila per il bagno) “ma non sarà finta?“. Mi feci strada a spallate dentro l’ufficio del turismo di Carcassonne per chiedere qualche informazione su Rennes. Ottenni ciò che volemmo e partimmo. Ciò che ricordo maggiormente di quel giorno e del tragitto per arrivare sulla cima di quel colle fu il colore di ciò che mi circondava.
La Francia del Sud è bella e vi chiederei per un momento di dimenticare Provenza e Camargue e di spingervi più ad Ovest dove non c’è né palude né lavanda, in quella regione chiamata Languedoc-Roussilion. Il sole sbatteva sui mattoni di terra chiara. Tutto sembrava argilla. Tutto splendeva in un modo tale da non riuscire a togliere gli occhiali da sole. Guardavo attorno a me stupita mentre per l’ennesima volta la nostra autoradio passava Je t’emmène au vent dei Louis Attaque. Lei l’ha vista mille volte quella strada Dottor Giacobbo, sa di cosa parlo.
Chi mi legge forse no, chi lo sa, ed è per questo che mi piace raccontarla. Perché sono andata a Rennes? Probabilmente per il motivo che mi ha spesso mossa nei miei viaggi: perché sono curiosa. Avevo mal subito la kermesse mediatica legata al Codice Da Vinci; avevo volutamente omesso di leggere quel libro finché un bel giorno il mio fratello maggiore non mi disse di aver messo in discussione tante cose ormai dimenticate. Premesso che il Divino Femminino sia un tema che davvero prima o poi scandaglierò e premesso che io sia convinta che Maria Maddalena ne abbia da raccontare, non ero in quel momento sinceramente attirata in quel luogo dalla volonta di conoscenza. Eppure la sa una cosa Dottor Giacobbo? Da eternamente profana ho avuto la pelle d’oca entrando nella piccola chiesetta di Rennes. Come se ciò non bastasse visitare la casa dell’Abbé Saurnière non m’ha fatto sentire a posto … dovevo uscire di lì.Quando ho varcato quell’uscio la pace è tornata in me. E non me lo spiego. Come non spiego come avessi fatto a non osservare ciò che c’era attorno a quella chiese, a quella casa. C’era il silenzio … il silenzio di un paese immerso nel sole del Sud. C’era il caldo che si impossessava di ogni mattone, ogni balcone, ogni vaso. C’erano dei piccoli gerani, già virati in color seppia dentro la mia mente, che attendevano probabilmente solo dell’acqua per dissetarsi e brillare ancora di più. Sì, c’era quello che umanamente definirei soprannaturale brillio e sembrava che tutto, lì attorno, si fosse fermato e rimirare quel colle che da una vita oltre la vita se ne stava là… a fare la guardia al dolcissimo paesaggio sottostante.
Forse bisognerebbe dire alla gente che vuole andare lì di dividere bene il proprio tempo tra il mistero alla Dan Brown mood e lo stupore, come se si fosse tornati bambini e si vedesse che cos’è l’estate per la prima volta. Stupirsi e andare oltre. Ecco il segreto dei piccoli luoghi. E dovrebbe dirlo nelle sue trasmissioni.
Simpaticamente,Giovy
Mi pace molto come passi dai misteri merovingi allo stupore per l'estate, varcando una porta.
Stupirsi e andare oltre, sempre, è il modo di vivere a cui tendo.
Ahhhhhh… hai detto merovingi??? Adesso mi fai venire in mente Aachen :-))